JUST FEEL IT

JUST FEEL IT

Basta sentirlo.
Con il verbo sentire però non affidiamoci a uno dei nostri cinque sensi, troppo usati, troppo bombardati. Puntiamo tutto sul sesto senso. Quello che serve realmente oggi è riniziare a percepire e a capire attraverso il nostro io più profondo, dobbiamo riappropriarci di un intuito andato perso.

Scriviamo questo perché in una società dove comunicare è la parola d’ordine, nonché lo strumento più efficace per modellare i rapporti sociali, le dinamiche di gruppo e le strategie multinazionali, diviene difficile districarsi e non essere dei dispersi nel caos delle informazioni. Ad amplificare tutto c’è l’attuale sistema massmediatico basato sulla molteplicità, sulla frammentarietà, la cui natura plasma di più del contenuto stesso della comunicazione, come sosteneva già anni fa Mc Luhan. E oggi, dove la fusione tra i mezzi di comunicazione sia vecchi che nuovi va a costruire un reticolo di continui rimandi, dal quale è difficile venirne fuori, si parla di rimediazione e di cultura convergente.

La rimediazione, Remediation è il titolo del libro di David Bolter e Richard Grusin, basata sulla molteplicità della nostra cultura mediale, costituita da intrecci dove il contenuto di un medium è sempre un altro medium, è un processo che si autoalimenta creando sempre nuove forme di differenziazione. Henry Jenkins, analizzando la questione da un’altra prospettiva fa risalire questa molteplicità allo spettatore stesso e la chiama “cultura convergente”, ovvero una nuova era dell’industria dell’intrattenimento rivolta ad individui “connessi socialmente” che ricercano nell’esperienza spettatoriale una nuova sfida cognitiva. Per chiarirci: con un clic potremmo condividere tre minuti del nostro film preferito su facebook, che a sua volta potrebbe essere visto su uno smartphone, la cui colonna sonora ascoltata distrattamente su un bus potrebbe essere stata rintracciata dall’ascoltatore e usata per il video delle vacanze, che visto dall’amico incuriositosi dalla musica ha ritrovato il film e lo ha scaricato con e-mule per vederlo con la moglie che folgorata da una scena ha deciso di stamparla per fare un poster. Ed ecco che in circa sei righe si ritrovano sei media rimediati e convergenti.

Ovviamente nulla da ridire sulla rimediazione e sulla convergenza che estendono senza volerlo anche la nostra cultura. Il sapere, ogni tipo di sapere, non più elitario diventa di massa. Ciò che preoccupa in realtà è la rimediazione della nostra identità, implicita nel sistema di comunicazione, e l’avere costantemente il nostro sé interconnesso e impegnato a creare collegamenti. Sicuramente grazie ai nuovi media possiamo interagire più in profondità e dare vita ad una creatività diffusa, ma il grande afflusso di informazioni a cui siamo sottoposti ci dà l’illusione di poter scegliere cosa prendere in considerazione e cosa no, non tenendo conto che la molteplicità di stimoli abbassa e distoglie l’attenzione dai nostri veri obiettivi.
Così intricati e interconnessi per noi è sempre più difficile sentire, arrivare all’essenza, capire. Per non essere dei dispersi in questo caos la nostra mente già naturalmente filtra e ordina, altrimenti non riusciremmo neanche a distinguere una figura dallo sfondo, ma quali sono i filtri che attiviamo? A quale dei nostri sensi ci affidiamo?
In questo labirinto di continui rimandi siamo tutti dei moderni Tesèo intenti non tanto a seguire il filo di Arianna, ma piuttosto a districarne i nodi.

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